Dopo la sentenza della Corte costituzionale del 9 luglio, l’impedimento all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo sarà cancellato dalla legge italiana. Ma con quali conseguenze concrete? Risponde Livio Neri, uno degli avvocati che ha seguito la causa di un cittadino siriano a cui il Comune di Milano aveva negato l’iscrizione sulla base del primo decreto sicurezza.
«Nelle prossime settimane la sentenza verrà depositata e da quel momento la norma del decreto Salvini che vietava l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo (anche se, come sappiamo, secondo molti Tribunali in realtà non l’aveva fatto, limitandosi solamente ad ostacolarla) sarà a tutti gli effetti “espunta” dall’ordinamento. Può anche essere che la norma venga abrogata prima, e in tal caso la sentenza della Corte costituzionale non avrà effetti sulla normativa vigente, salvo il grande rilievo dal punto di vista giuridico e politico della pronuncia».
Livio Neri, socio ASGI, socio fondatore dell’associazione Avvocati per niente e fra i redattori del report sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes, è uno degli avvocati che, l’anno scorso, hanno seguito la causa di un cittadino siriano al quale il Comune di Milano aveva negato l’iscrizione anagrafica sulla base dell’art. 13 del primo decreto sicurezza.
In seguito a quella stessa causa il Tribunale di Milano ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, in parallelo con altri Tribunali. Anche il Comune di Milano si è poi costituito davanti alla Consulta, sostenendo l’irragionevolezza della norma, perché finisce per danneggiare pure gli stessi Comuni.
Alla fine, nei giorni scorsi la Corte costituzionale ha emesso la sentenza di cui Vie di fuga ha già dato notizia: negare l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo è incostituzionale. La Corte lo ha comunicato immediatamente in una scarna nota di 13 righe.
«Non è una prassi irrituale – commenta Livio Neri con Vie di fuga -. Molto spesso, quando la questione decisa è di particolare rilevanza, la Corte emette subito un comunicato con il contenuto della decisione, così che non si debba aspettare il deposito della sentenza (e quindi delle relative motivazioni) per sapere se la norma sottoposta all’attenzione della Corte sia stata ritenuta o meno compatibile con la Costituzione e, in caso negativo, con quali articoli della Carta».
“…Ma vietava o non vietava?”
Al di là del nocciolo della decisione emessa, la questione è complessa. Spiega ancora Neri: «La Corte costituzionale, così come i tribunali di Milano, Ancona e Salerno che avevano sollevato l’eccezione di incostituzionalità, non ha evidentemente condiviso l’interpretazione della norma fatta propria dai tribunali di Firenze, Bologna ed altri, secondo i quali il decreto legge 113/2018 (il primo decreto sicurezza, ndr) non avrebbe in realtà vietato l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, essendosi limitato a eliminare l’automatismo che era prima previsto in loro favore a talune condizioni. Secondo la Corte, quindi, il decreto ha effettivamente inteso escludere i richiedenti asilo dalla registrazione anagrafica della propria residenza, e ciò è in conflitto con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione».
Comunque sia, presto o prestissimo l’impedimento all’iscrizione sarà cancellato dalla legge italiana. Ma con quali conseguenze concrete? «Dichiarata incostituzionale quella norma (o abrogata, se il legislatore arriverà prima del deposito della sentenza), il richiedente asilo si troverà nella stessa condizione di qualsiasi altro cittadino straniero sotto il profilo della richiesta di residenza, e nella stessa condizione anche del cittadino italiano, con la necessità aggiuntiva però di dover dimostrare la regolarità sul territorio nazionale».
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