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La nuova Direttiva qualifiche: un glossario comune per il “pacchetto asilo” dell’Ue

La “Direttiva qualifiche” 2011/95/UE per lo status di rifugiato nell’Unione Europea dovrà essere recepita dai 27 Paesi membri entro il 2013. Il provvedimento fa parte di un “pacchetto asilo” che sarà completato entro il 2012: il punto della situazione.

a cura di Vie di fuga

La sede del Consiglio Europeo (foto Ue)

E’ entrata in vigore ai primi di gennaio di quest’anno e i Paesi membri dell’Unione europea dovranno recepirla nella loro normativa entro il 21 dicembre 2013: si tratta della nuova “Direttiva qualifiche” 2011/95/UE (13 dicembre 2011) del Parlamento e del Consiglio europeo sull’”attribuzione a cittadini di Paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta”.

Un “glossario” per standard migliori…

Il testo, che modifica la precedente Direttiva 2004/83/CE, non innova molto ma, in generale, specifica e precisa concetti e dettagli, quasi a costituire una sorta di “glossario comune” per i 27 Paesi dell’Unione, e mira a un innalzamento degli attuali standard medi di protezione internazionale.

Fra gli aspetti positivi segnaliamo:

  • No alle discriminazioni – Nelle considerazioni preliminari che motivano la Direttiva, al punto 17 si ricorda che “gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti, tra cui in particolare quelli che vietano le discriminazioni”. Il riferimento ancora oggi è tutt’altro che pleonastico.  All’art. 32 “Accesso all’alloggio” (comma 2), la Delibera prescrive esplicitamente: “Gli Stati membri si adoperano per attuare politiche dirette a prevenire le discriminazioni nei confronti dei beneficiari di protezione internazionale e a garantire pari opportunità in materia di accesso all’alloggio”.
  • “Mancata protezione” – Al punto 29 delle considerazioni preliminari,  e quindi all’art. 9 “Atti di persecuzione” (comma 3)  si specifica significativamente che un richiedente ha diritto alla protezione in caso di persecuzioni, ma anche in caso di “mancata protezione” contro tali atti.
  • Non solo “violenze” – Ancora l’art. 9 entra nel dettaglio specificando che per “atti di persecuzione” non si intendono solo le violenze fisiche o psicologiche, perché essi comprendono tra l’altro: “provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia e/o giudiziari discriminatori” e “azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie” (anche nel caso dell’obiezione di coscienza al servizio militare).
  • Genere e orientamento sessuale – Al punto 30 delle considerazioni preliminari si specifica significativamente e nel dettaglio: “È […] necessario introdurre una definizione comune del motivo di persecuzione costituito dall’ ‘appartenenza a un determinato gruppo sociale’. Per la definizione di un determinato gruppo sociale, occorre tenere debito conto degli aspetti connessi al sesso del richiedente, tra cui l’identità di genere e l’orientamento sessuale, che possono essere legati a determinate tradizioni giuridiche e consuetudini, che comportano ad esempio le mutilazioni genitali, la sterilizzazione forzata o l’aborto coatto, nella misura in cui sono correlati al timore fondato del richiedente di subire persecuzioni”. All’art. 10 “Motivi di persecuzione” (comma 1 lettera d) si prescrive più succintamente: “Si tiene debito conto delle considerazioni di genere, compresa l’identità di genere”.
  • Salute fisica. E psichica – Al punto 46 delle considerazioni preliminari, dedicato all’assistenza sanitaria, si specifica utilmente che questa deve comprendere la tutela della salute sia fisica che mentale dei beneficiari di protezione internazionale (per la situazione italiana vedi su Vie di fuga l’approfondimento Salute: se non è per tutti, che diritto è?). E l’art. 30 prescrive nel dettaglio: “Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari di protezione internazionale abbiano accesso all’assistenza sanitaria secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha riconosciuto loro tale protezione. Gli Stati membri forniscono adeguata assistenza sanitaria, ivi incluso se necessario il trattamento dei disturbi psichici secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha concesso la protezione, ai beneficiari di protezione internazionale che presentano particolari esigenze, quali le donne in stato di gravidanza, i disabili, le vittime di torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale, o i minori che abbiano subito qualsiasi forma di abuso, negligenza, sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o degradante o che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato”.
  • Familiari”: ma chi sono? – Prendendo atto al punto 19 delle considerazioni preliminari che è necessario ampliare la nozione dei “familiari” della persona accolta in protezione internazionale, si provvede all’art. 2 (lettera j) della Direttiva.
  • L’Ue “non respinge”! – All’art. 19 (comma 1) si ribadisce che “gli Stati membri rispettano il principio di ‘non refoulement‘ (non respingimento) in conformità ai propri obblighi internazionali”.

… con qualche rischio di precarietà

E’ invece un aspetto discutibile della Direttiva quanto si prevede all’art. 11 “Cessazione” (comma 1 lettera e): “Un cittadino di un Paese terzo o un apolide cessa di essere un rifugiato qualora […] non possa più rinunciare alla protezione del Paese di cui ha la cittadinanza, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato”. E’ vero che al comma 2 del medesimo articolo si specifica che gli Stati membri devono verificare che le nuove condizioni del Paese d’origine del rifugiato siano significative e non temporanee. Ma ci si chiede come si possa obbligare a tornare in patria, probabilmente dopo anni, un rifugiato che nel Paese ospitante ha ormai sicuramente avviato e portato avanti un percorso di inserimento e integrazione.

“Pacchetto asilo”: a che punto siamo

In questi giorni il blog Asilo in Europa curato dall’esperto Alessandro Fiorini (che dal 2006 al 2010 ha coordinato la rete “Emilia-Romagna terra d’asilo”) ha ricordato che la “Direttiva qualifiche” 2011/95 fa parte degli strumenti di un “pacchetto” normativo sull’asilo che, secondo quanto stabilito dal cosiddetto Programma di Stoccolma e poi confermato dal Consiglio europeo del giugno 2011, dovrà essere completato entro il 2012. In queste settimane una nota della Presidenza del Consiglio Ue ha confermato che questo processo per la realizzazione del “Sistema comune europeo di asilo” rimane “un obiettivo prioritario per l’Unione”.

Allegato

La “Direttiva qualifiche” 2011/95/UE(file .pdf 850 kbyte)

Collegamenti

Pacchetto asilo, a che punto siamo: la nota della Presidenza del Consiglio Ue del 2 marzo 2012 (in inglese)

Pacchetto asilo, a che punto siamo: la sintesi di Asilo in Europa

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