COVID-19 e accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati: è stato un anno di difficoltà, di incertezze, di vere e proprie storture ma anche di esperienze. E ora bisogna farne tesoro per i prossimi mesi. Il punto su quello che potevamo risparmiarci, su quello che invece ha funzionato e su quello che si può fare in questa seconda “ondata” della pandemia.
COVID-19 e accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati: è stato un anno di difficoltà, di incertezze, di vere e proprie storture ma anche di esperienze. E ora bisogna farne tesoro per i prossimi mesi. Secondo il Report 2020 sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes, si può agire concretamente in alcune direzioni. Durante la recente presentazione di questo rapporto ne ha parlato Elena Rozzi, advocacy officer presso l’ONG Intersos e autrice del contributo L’accoglienza ai tempi del coronavirus.
«L’emergenza sanitaria ha aggravato la situazione di un sistema di accoglienza già compromesso dai decreti sicurezza – tira le somme Rozzi -. Ma nel complesso il sistema di accoglienza ha “tenuto”: i contagi sono stati pochi, soprattutto nell’accoglienza diffusa, nell’ex SPRAR, anche se focolai di dimensioni significative si sono registrati in grandi centri di accoglienza».
I numeri
3,98% | La percentuale di casi positivi al COVID-19 fra i migranti sbarcati in Sicilia nel periodo inizio giugno – fine agosto 2020 (totale tamponi effettuati: 6.371). |
239 | Si limitano a questo dato i casi positivi di COVID-19 riscontrati fra CAS, SIPROIMI e CARA nell’Indagine nazionale COVID-19 dell’INMP fra 11 maggio e 12 giugno 2020. |
18 | I casi di COVID-19 nei progetti SIPROIMI riscontrati dall’Indagine. |
257 | I casi di positività al COVID-19 nel solo CAS dell’ex caserma “Serena” di Treviso al 7 agosto. Erano solo 2 il 12 giugno. |
3.000 ca. | I migranti in quarantena o in isolamento in strutture sulla terraferma a metà settembre. |
2.000 ca. | I migranti sulle 5 “navi quarantena” alla stessa data. |
Fonte: “L’accoglienza ai tempi del coronavirus”, in Report 2020. Il diritto d’asilo
Così, ecco che cosa si può fare in questa seconda “ondata” (e nella terza, se mai bisognerà affrontarla). Prima di tutto, osserva la advocacy officer di Intersos, mancano ancora indicazioni chiare sulle procedure e sulle responsabilità a livello nazionale e regionale, sia per la gestione dei casi sospetti e positivi che possono emergere fra gli ospiti e gli operatori delle strutture, sia per i nuovi inserimenti di persone.
Secondo, servono ovunque strutture per accogliere separatamente casi positivi e sospetti e strutture “ponte” per la quarantena precauzionale. Terzo: una volta di più, «no ai grandi centri di accoglienza» con le loro rischiose concentrazioni di persone. E infine – quarto – occorre contrastare la retorica dei “migranti untori“: «I migranti in arrivo sono la categoria più controllata d’Italia», come hanno ricordato nella scorsa estate il presidente dell’Ordine dei Medici di Torino e un docente dell’Imperial College di Londra.
Elena Rozzi (vedi anche qui sotto per le slide di sintesi) ha concluso il suo intervento con una citazione di papa Francesco: la prova della pandemia è «un’opportunità per preparare il domani di tutti, senza scartare nessuno. Perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno».
… e quello che ha funzionato
Fonte: “L’accoglienza ai tempi del coronavirus”, in Report 2020. Il diritto d’asilo |
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