Esplora anche il ruolo dei tutori volontari la nuova ricerca dell’ISMU sul passaggio all’età adulta dei minori separati e non accompagnati in Italia: un “bivio” delicato, perché «la potenziale perdita di sostegno continuo destinato a decine di migliaia di giovani dovuta a una distinzione artificiosa basata sull’età li espone al rischio ulteriore di isolamento sociale, di violenze, abusi e un futuro incerto».
“Essere tutore
volontario significa rispondere innanzitutto a un desiderio personale d’impegno civico verso la collettività e condividere la necessità e il desiderio di integrazione sociale espresso dai soggetti più svantaggiati e più esposti a processi di esclusione” (dal rapporto finale della ricerca A un bivio).
H., afghano, oggi è un giovane di 24 anni e vive come rifugiato nel nostro Paese. È arrivato ancora minorenne dopo un viaggio che lo ha visto attraversare il Pakistan, l’Iran, la Grecia, l’Italia per approdare in Germania, la meta che desiderava. Ma alla fine è stato respinto nel nostro Paese, dove era già stato registrato. Da noi, all’inizio, trova accoglienza in un centro affollato dove le chance di formazione e integrazione sono a scartamento ridotto. Però lui vuole studiare, e così chiede al suo tutore di essere trasferito in un centro più piccolo. È solo qui che finalmente può iniziare ad andare a scuola e a imparare l’italiano. E cercarsi un lavoro, che trova dopo alcuni mesi in un ristorante, dove sta ancora oggi con contratto a tempo indeterminato. Oggi H. condivide un appartamento con un amico. Ha chiesto la cittadinanza italiana. Ma in futuro desidera raggiungere i fratelli in Danimarca, per aiutare insieme con loro gli altri fratelli e sorelle rimasti con i genitori in Afghanistan.
E., invece, oggi ventunenne, è una rifugiata vittima di tratta. Nigeriana, è passata per gli orrori della Libia ed è sbarcata in Italia nel 2015. Oltre ad essere seguita dai servizi è stata affidata a una famiglia italiana. E più tardi, ancora una volta grazie all’impegno del suo tutore e dell’associazione in cui lavora, è riuscita a ottenere la protezione internazionale. E. frequenta l’istituto alberghiero, si è resa autonoma anche economicamente (grazie, prima di tutto, all’impegno e all’assegno del servizio civile) e vive in affitto con altre ragazze italiane. Oggi è mediatrice culturale per l’associazione che l’ha accolta e aiutata. Ma chi la conosce sa che ha ancora un sogno da realizzare, anzi, almeno per ora, più di uno: continuare gli studi e lavorare nella Guardia costiera, oppure diventare una chef.
Con la “biografia partecipata”
Due storie di minori non accompagnati al bivio fra minorità ed età adulta e che, in un momento critico del loro percorso di integrazione, hanno avuto accanto la figura di un tutore: le ha incontrate il progetto di ricerca A un bivio: la transizione all’età adulta dei minori separati e non accompagnati in Italia, realizzato dall’ISMU in collaborazione con le Università di Catania e Roma III su mandato dell’UNICEF, dell’UNHCR e dell’OIM.
Con un approccio “biografico partecipato“, nell’ambito dell’indagine un gruppo di MSNA neomaggiorenni ha intervistato 185 MSNA e neomaggiorenni (ragazzi e ragazze) in Sicilia, Lazio e Lombardia.
«La differenza tra un rifugiato o migrante di 17 anni fuggito da conflitti o violenze e uno di 18 che ha vissuto le medesime, traumatiche esperienze è trascurabile – ha sottolineato Anna Riatti, coordinatrice UNICEF del programma per bambini e adolescenti migranti e rifugiati in Italia, in occasione della presentazione del rapporto finale di ricerca, nelle scorse settimane -. La potenziale perdita di sostegno continuo destinato a decine di migliaia di giovani, dovuta a una distinzione artificiosa basata sull’età, esporrà questi ultimi al rischio ulteriore di isolamento sociale, di violenze, abusi e un futuro incerto».
Il rapporto dell’indagine (scaricabile nell'”allegato” qui sotto) dedica fra l’altro un paragrafo al “ruolo del tutore nella transizione all’età adulta” (pp. 78-80).
Allegato
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