Salvatore Geraci (a cura di) – Quando le ferite sono invisibili. Vittime di tortura e di violenza: strategie di cura – pp. 141 – Pendragon 2014 – euro 10
In questi mesi l’ennesima “emergenza” nel Canale di Sicilia ha concentrato l’attenzione sulle difficoltà di accoglienza, mentre dal punto di vista sanitario è stato enfatizzato dai media e da alcune forze politiche il presunto rischio di epidemie da virus Ebola in Europa.
Ma pochi ricordano, anche negli ambienti socialmente più aperti, la necessità di avviare percorsi di reale tutela dal punto di vista psico-sociale a favore dei migranti che accogliamo nel nostro Paese.
Fa eccezione questo volume, frutto dell’esperienza clinica e dell’attività di ricerca degli operatori del progetto “Ferite invisibili” della Caritas di Roma. Al centro dell’attenzione, in queste pagine, le difficili esperienze, i bisogni di salute e le possibilità di cura dei migranti vittime di violenze intenzionali. Spesso sono profughi che arrivano in Italia in fuga da guerre, e molti di loro hanno sofferto violenze o torture e poi vissuto esperienze traumatiche legate ai loro difficili percorsi migratori.
I pazienti che soffrono di patologie post-traumatiche, si sottolinea in Le ferite invisibili, richiedono un approccio complesso che tenga conto di diversi elementi: l’organizzazione dei servizi sociali e di salute mentale, la creazione di una rete assistenziale, le specificità degli interventi psicoterapeutici e l’utilizzo dei mediatori culturali in una logica di “mediazione di sistema”.
Nato nel 2005, il servizio “Ferite invisibili” della Caritas romana è stato riconosciuto e inserito dall’Ufficio dell’Alto commissario per i Diritti umani dell’Onu all’interno della rete sovranazionale di sostegno e cura alle vittime di tortura.
Allegato
Alcuni materiali dal libro: i dati del problema e alcune storie
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