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Regolamento Dublino: diffidare delle “imitazioni” (come già dell’originale…)

Pubblicato un aggiornamento dell’ECRE (European Council on Refugees and Exiles) sull’attuazione del regolamento Dublino III nel 2020. Al netto del rallentamento causato dalla pandemia, «il basso numero di trasferimenti, l’inosservanza delle disposizioni a favore dell’unità familiare e altre lacune operative continuano a mettere in discussione l’operatività dell’attuale “sistema Dublino”. E di ogni altro “nuovo” sistema basato sugli stessi principi…».

Cliccare per ingrandire: i trasferimenti di richiedenti asilo effettivamente realizzati nel 2020 nei Paesi del “sistema Dublino” (fonte ECRE-AIDA 2021).

Nel settembre 2020 la Commissione Europea ha lanciato il suo Nuovo patto su migrazione e asilo. Esso comprende la proposta di un Regolamento sull’asilo e sulla gestione della migrazione che prevede un “quadro comune” a livello comunitario e mira a sostituire il regolamento Dublino III.

Tuttavia, anche se introduce nuovi meccanismi correttivi di solidarietà, la proposta conserva i medesimi criteri di base per la designazione del Paese responsabile per l’esame di un dato richiedente asilo. Queste norme sono state una significativa fonte di conflitto tra gli Stati membri sin dall’istituzione del “Sistema comune europeo per l’asilo” (CEAS) ed è probabile che le divisioni rimangano anche in futuro. Intanto, il regolamento Dublino III rimane l’unico quadro giuridico applicabile.

Il 2020 è stato caratterizzato da una sospensione dei trasferimenti e da un minor numero di procedure a causa della pandemia di COVID-19.

Nonostante la pandemia i vari Paesi membri hanno continuato a inviare richieste e a sottoporre alle procedure del Regolamento un numero relativamente elevato di richiedenti asilo. Ma comunque sono molto poche le persone per le quali la procedura ha raggiunto la fase finale, cioè il trasferimento effettivo della responsabilità di un richiedente asilo da uno Stato membro a quello ritenuto responsabile.

Il basso numero di trasferimenti, l’inosservanza delle disposizioni a favore dell’unità familiare e altre lacune operative registrate nel 2020 continuano a mettere in discussione l’operatività dell’attuale “sistema Dublino”. E di ogni altro “nuovo” sistema basato sugli stessi principi.

(dalla presentazione del report The implementation of the Dublin III Regulation in 2020, traduzione a cura della nostra redazione)

Unità familiare, un percorso a ostacoli

  • Secondo il regolamento Dublino III, quello della preservazione dell’unità familiare delle persone è gerarchicamente il primo criterio per stabilire la responsabilità di un Paese per l’esame di un richiedente asilo.
  • Ma su 28 Paesi presi in esame dallo studio dell’ECRE, solo uno, la Bulgaria, ha applicato questo criterio in almeno la metà delle sue richieste “in uscita” di presa o ripresa in carico. Ad eccezione della Grecia (sopra il 40% delle richieste), la quota di richieste per unità familiare sul totale delle richieste Dublino è rimasta molto bassa in tutti gli altri Paesi, e sotto il 10% in ben 24 di essi.
  • Un altro elemento preoccupante circa l’attuazione dell’unità familiare è, da parte dei Paesi membri che ricevono queste richieste, la creazione di ostacoli ai trasferimenti effettivi: si va dalla pretesa di requisiti probatori esagerati (fra cui test del DNA per i minori e la traduzione e autenticazione di documenti comprovanti i legami familiari) a un’interpretazione troppo restrittiva delle scadenze temporali.

Allegato

The implementation of the Dublin III Regulation in 2020 (ECRE, settembre 2021, file .pdf)

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