Sono oltre 738 mila, secondo dati ormai consolidati, le richieste d’asilo raccolte nell'”UE+” l’anno scorso, l’11% in più rispetto al 2018. E almeno i primi due mesi del 2020 hanno registrato un +16% rispetto al primo bimestre ’19. Ma al di là dei dati più complessivi e di base, la Relazione EASO 2020 offre informazioni su vari aspetti particolari, dall’attuazione del farraginoso regolamento Dublino III alle discusse “procedure speciali” per l’esame delle richieste di protezione.
Ieri, oggi e domani: «Le tendenze indicate nella nostra relazione costituiscono lo scenario di riferimento per l’anno corrente, nel quale si è aggiunta l’imprevista diffusione globale del virus COVID-19, che avrà un ruolo decisivo nella definizione degli sviluppi relativi alla protezione, poiché metterà in evidenza la necessità di approcci innovativi per garantire il pieno rispetto di questo diritto. Con il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, attualmente in fase di redazione, gli insegnamenti tratti dalla pandemia da COVID-19 potrebbero rivelarsi preziosi per ammodernare e migliorare le procedure d’asilo in tutti i paesi UE». È almeno quanto si augura l’Ufficio europeo di sostegno all’asilo (EASO) nella Relazione sull’asilo 2020 pubblicata oggi.
Come di consueto, il rapporto ufficiale dell’Unione Europea sulla protezione internazionale comprende, per l’anno passato, anche i dati di Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein (l’“UE+” o “allargata”).
Le cifre di questa vasta area confermano come nel 2019 le richieste annue di protezione abbiano visto un aumento per la prima volta dal 2015 (malgrado la netta diminuzione verificatasi nell’Italia dei decreti sicurezza). Sono 738.425 le domande raccolte nell’UE+ l’anno scorso: l’11% in più rispetto al 2018 (ma anche i primi due mesi del 2020, come segnala l’EASO, hanno registrato un +16% rispetto al primo bimestre ’19).
Da Dublino alle (discusse) procedure speciali
Anche quest’anno la Relazione offre informazioni su aspetti particolari. Ad esempio, nel 2019 sono state trasferite fra Paesi membri, in attuazione del regolamento Dublino III, circa 27.200 persone, il 3% in meno rispetto al 2018 (un dato in linea con il calo delle richieste di presa o ripresa in carico accettate rispetto al totale di quelle inviate nel farraginoso “sistema Dublino”). Quasi la metà di tutti i “trasferimenti Dublino” hanno avuto come destinazione la Germania e l’Italia.
Sempre l’anno scorso, nell’UE allargata sono stati accolti in resettlement (reinsediamento) da precari Paesi di primo asilo 30.725 rifugiati, l’8% in più del 2018 (un dato che, però, deve essere sempre posto a confronto con la stima UNHCR dei rifugiati bisognosi di resettlement a livello globale, pari a oltre 1.400.000 persone).
Spiace invece che la Relazione dell’EASO quest’anno non contenga cifre sul ricorso in vari Paesi alle “procedure speciali” d’esame delle richieste d’asilo (procedure di confine, liste di “Paesi sicuri”, procedure accelerate, procedure di ammissibilità). Il rapporto dedica all’argomento un capitolo, informa che dal 2019 le procedure speciali riguardano in maniera più o meno significativa anche l’Italia, ma sorvola totalmente sugli aspetti quantitativi.
Tuttavia queste stesse pagine segnalano le critiche che alle procedure speciali hanno rivolto associazioni e ONG: «Nel luglio 2019 l’ECRE ha espresso preoccupazione per il crescente – e a volte obbligatorio – ricorso alle procedure di frontiera nel contesto dell’acquis dell’Unione Europea in materia di asilo. Questa procedura speciale potrebbe ostacolare l’equo esame di una domanda di protezione, ostacolare i diritti dei richiedenti vulnerabili e condurre a misure di detenzione più estese». Più in generale, «l’organizzazione e i tempi delle procedure speciali potrebbero non essere adatti ad affrontare circostanze legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere».
Allegati
La Relazione sull’asilo 2020 dell’EASO (in inglese, file .pdf 6 mbyte)
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