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Valle di Susa-Francia, migranti nella morsa ai due lati della frontiera

Afghanistan, Balcani, valle di Susa: la globalizzazione delle débâcle geopolitiche, delle rotte di fuga e delle frontiere sbarrate continua a far tappa sulle montagne del nordovest italiano. Quest’estate fino a 100 migranti a notte nel Rifugio Massi di Oulx. Don Chiampo, il responsabile: “Quello che avviene in Afghanistan nei prossimi mesi lo pagheremo pure noi in valle”.

(Foto MEDU 2021).

 

«Il disastro che si sta verificando in Afghanistan nei prossimi mesi lo pagheremo anche noi in valle, possiamo starne certi, in termini di emergenza e di disagio, che saranno sempre maggiori… Ma intanto, sulla rotta balcanica, ultimamente i controlli lungo i confini, già rigidi, forse si sono irrigiditi ancora di più…». Afghanistan, Balcani, valle di Susa: la globalizzazione delle débâcle geopolitiche, delle rotte di fuga e delle frontiere sbarrate continua a far tappa sulle montagne del nordovest italiano.

«Fra i migranti che accogliamo quelli che arrivano dai Balcani continuano ad essere  i più numerosi, il 70-80% – aggiorna don Luigi Chiampo, responsabile del Rifugio Fraternità Massi di Oulx, che è rimasto l’unica struttura di accoglienza temporanea per i numerosi migranti di passaggio che desiderano passare il confine con la Francia -: parliamo soprattutto di famiglie afghane, ognuna in media con tre, quattro bambini o ragazzi (ma in queste settimane ne è arrivata una con otto figli), piuttosto che di singoli o di gruppi». Molti meno, invece, i migranti che arrivano dalla rotta del Mediterraneo centrale

Navigazione a vista

Quest’estate finora il Rifugio, i suoi operatori (nove su più turni per averne sempre due in presenza) e la sua preziosa “rete” di una quarantina di volontari si sono trovati ad accogliere fino a 100 persone a notte, in una situazione di grave sovraffollamento. Se negli ultimi giorni la media è scesa, è comunque più alta rispetto all’agosto 2020.

Però al progetto non è ancora stato destinato un euro dei 180 mila promessi dai fondi per le emergenze del Viminale. Così la casa è stata costretta a ridurre ancora gli orari di apertura: per qualche giorno, a marzo, dopo lo sgombero della cantoniera occupata di Oulx, il Rifugio era rimasto aperto 24 ore per tutti. Poi l’accoglienza diurna era rimasta solo per i più “vulnerabili” e per le famiglie, e alla fine si è dovuto rinunciare anche a quella: il Fraternità Massi apre così i battenti dalle 16.00 alle 9.00.

«Per ora purtroppo continuiamo a navigare a vista con risorse private – commenta don Chiampo -. Siamo stati obbligati a chiudere di giorno per recuperare qualcosa da investire sul prossimo inverno, o meglio, per provare a rimetterci in gioco 24 ore su 24 dalla fine di settembre, o al massimo da metà ottobre, quando di notte ricomincerà a far freddo».

Istituzioni, quell'”assenza programmata”

Ieri l’ONG Medici per i diritti umani (MEDU), attiva in valle con un piccolo gruppo di volontari, ha denunciato al di qua e al di là della frontiera una situazione complessiva «prossima al collasso».

C’è la precarietà a cui le istituzioni sembrano aver condannato il Rifugio («Donne, uomini, bambini sono costretti a rimanere per strada durante le ore diurne, senza alcun tipo di assistenza e accesso ai servizi essenziali»), ma non solo.

AI primi d’agosto è stata sgomberata l’occupazione dell’ex dogana di Claviere realizzata il 30 luglio dagli attivisti di un “presidio solidale” di confine, mentre «le persone in transito sono strette in una morsa da entrambi i lati della frontiera».

Da un lato, infatti, a Briançon è in crisi il Refuge solidaire, «sfrattato dalle istituzioni e oberato da presenze ormai ingestibili, anche per l’impossibilità di garantire le necessarie misure anti-COVID». Pure al Refuge si sono toccate punte di oltre 100 migranti ospiti a notte. 

Dall’altro, sul versante italiano si registrano «cambiamenti nelle pratiche di controllo da parte delle forze dell’ordine». «Dal 20 di luglio al 10 di agosto – riferisce MEDU – la polizia è intervenuta un giorno ogni due alle partenze degli autobus a Oulx per identificare, trasferire alla caserma di Bardonecchia per schedatura EURODAC e per dissuadere con minacce coloro che erano in partenza. Tre volte è entrata al rifugio Fraternità Massi per portare famiglie a Bardonecchia per identificazione e consegna di fogli di espulsione o per obbligo a presentarsi in Questura, sotto minaccia di un possibile arresto. Non siamo di fronte a prassi irregolari, ma certamente a un cambiamento di atteggiamento che sembrerebbe invalidare quelle prassi concordate a livello inter-istituzionale per cui il Rifugio era un luogo neutro, libero da controlli ordinari».

Conclude l’ONG: «Di fronte a questo quadro di assenza programmata delle istituzioni, di repressione verso le pratiche di solidarietà, di contrasto agli ingressi e transiti, i flussi crescono e cresceranno sia dai Balcani sia dal Mediterraneo centrale. Il compito di stare al fianco delle persone in transito ricade su volontari e società civile, esposti per questo al rischio costante di essere denunciati. Il costo di questo atteggiamento pubblico, peraltro inefficace quanto crudele, ricade soprattutto sui più vulnerabili, donne, bambini, offesi, quelli che a parole si dichiara sempre pietisticamente di difendere».

Leggi anche su Vie di fuga

Il “dossier” Valle di Susa

 

 

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IL DIRITTO D’ASILO - REPORT 2020

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