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Diritto d’asilo, un percorso di umanità. La pavida solidarietà dell’UE/2: un “nuovo” Patto, un “nuovo” sistema Dublino?

Le linee portanti della politica migratoria dell’UE dal 2015 a oggi e le criticità del “nuovo” Patto europeo su immigrazione e asilo completano la sintesi, a cura di Vie di fuga, del primo webinar del ciclo “Diritto d’asilo, un percorso di umanità”, che fino a giugno affronterà i problemi del diritto d’asilo e delle migrazioni forzate in modo semplice e divulgativo. Prossimo appuntamento il 17 febbraio, sempre online, sul tema: “Salvataggi. Umanità e diritti per fermare la criminalizzazione”. ***Aggiornamento: in allegato gli ultimi due report sulla “governance” delle migrazioni nell’UE e sulla dimensione esterna del Patto europeo.***

 

Immigrazione e asilo nell’Unione Europea dal 2015 al 2020: più continuità (e ostacoli) che innovazione

«Fra il 2015 e il 2020 l’approccio dell’Unione Europea alle migrazioni non è mutato, anzi sta prendendo un’inclinazione sempre più securitaria. È una politica che non agevola il diritto d’asilo, ma piuttosto ostacola le persone che hanno la necessità di usufruirne, sia per quanto riguarda l’ingresso in Europa, sia per quanto riguarda l’ottenimento di uno status di protezione».

Nel recente, primo webinar del ciclo Diritto d’asilo, un percorso di umanità organizzato dalla Fondazione Migrantes, dal Forum per cambiare l’ordine delle cose, da Europasilo e da Escapes, Adele Del Guercio dell’Università Orientale di Napoli ha ricostruito le linee principali della politica migratoria dell’UE a partire dall’Agenda europea sull’immigrazione del 2015 e fino al nuovo Patto su immigrazione e asilo presentato dalla Commissione Europea nel settembre 2020.

In particolare, Del Guercio ha evidenziato come il “nuovo” Patto (con le sue nove proposte normative e la sua “tabella di marcia”) abbia soprattutto elementi di continuità con le politiche attuate nel quinquennio precedente: la cooperazione con i Paesi terzi per il contenimento degli arrivi e l’efficacia della politica di rimpatrio, il rafforzamento della gestione delle frontiere esterne e l’assenza di una politica in materia di migrazione legale, fatta eccezione per il reinsediamento e l’ingresso selezionatissimo di “talenti”.

Solo due, invece, gli elementi veramente innovativi: la riduzione dei tempi per l’ottenimento dello status di residente di lungo periodo (che consente la libera circolazione nello spazio europeo) da cinque a tre anni, e le disposizioni sulle operazioni di ricerca e soccorso «dopo il periodo di criminalizzazione delle associazioni e della società civile cui abbiamo assistito in questi anni».

L’intervento completo nel video del webinar: da 05′ 20” in poi.

Patto europeo, un’occasione perduta

Ulrich Stege dell’International University College di Torino nel suo intervento si è soffermato sulle “criticità” del Patto europeo. Prima fra tutte, l’occasione perduta di riformare radicalmente il sistema del regolamento “Dublino”. «La responsabilità di valutare le richieste di asilo rimane, in pratica, al primo Paese di arrivo», ha chiarito Stege, anche se si registrano due segnali positivi: 1) in futuro potrebbe avere la responsabilità di esaminare una richiesta di protezione anche un Paese con cui il richiedente ha un legame “particolare”, avendovi conseguito un diploma o una laurea, e 2) si amplierebbe la definizione di “familiare”.

Il Patto contempla, inoltre, un meccanismo di solidarietà «che prevede l’aiuto degli Stati membri per la ricollocazione dei richiedenti asilo nel caso di arrivi elevati (“pressione migratoria”) o di sbarco dalle operazioni di ricerca e soccorso». Ma se gli Stati membri non intenderanno trasferire queste persone nel proprio territorio, saranno autorizzati a fornire “sponsorizzazioni per il rimpatrio” di coloro a cui sarà negato il diritto di rimanere in Europa. «Il che peraltro, ironia della sorte, potrebbe portare nei fatti anche a incrementi della redistribuzione. In altri termini: i Paesi che optano per le “sponsorizzazioni” potrebbero trovarsi a prendere in carico persone da rimpatriare senza riuscire, alla fine, a rimpatriarle».

Un terzo elemento di criticità è il fatto che il Patto non prevede la reintroduzione di attività di ricerca e soccorso in mare finanziate dall’Unione Europea. «Un fatto grave – ha commentato Stege – perché, anche se ridotti, i flussi nel Mediterraneo sono una realtà, e con vittime numerose».  

Inoltre, quarto elemento, «invece di affrontare i comportamenti e le normative dei governi che ostacolano i soccorsi in mare per consentire il lavoro dei difensori dei diritti umani, la Commissione UE sembra far propria la strategia adottata dall’Italia nel 2020 (i provvedimenti “tecnici” di blocco in porto emessi per le singole navi delle ONG perché non sarebbero “sicure”, ndr), suggerendo di monitorare gli “standard di sicurezza” delle navi».

L’intervento completo nel video del webinar: da 27′ 15” in poi.

Materiali: le slide dell’intervento (file .pdf)

*** Aggiornamento: governance delle migrazioni nell’UE e dimensione esterna del Patto europeo: due nuovi report di sintesi ***

La governance delle migrazioni nell’UE (Volti delle Migrazioni e FOCSIV, gennaio 2021, file .pdf)

Fresh start, renewed risks. The external dimension of the EU Pact on Migration and Asylum (Euromed Rights, gennaio 2021, file .pdf)

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