L’associazione Medici per i Diritti Umani ha presentato “Porti insicuri”, un rapporto sulle “riammissioni” dai porti italiani alla Grecia.
L’Italia ha «tutto il diritto di controllare l’accesso al proprio territorio», ma viola «sistematicamente» il divieto di refoulement, il divieto di esporre i migranti al rischio di trattamenti inumani e degradanti e il divieto di espulsioni collettive. Lo denuncia Medici per i Diritti Umani (Medu), che tra aprile e settembre 2013 ha svolto un’indagine sul problema delle “riammissioni” dai porti italiani alla Grecia.
Un’équipe dell’associazione ha raccolto le testimonianze dirette di 66 migranti (perlopiù afgani e siriani) che hanno dichiarato di essere stati riammessi dall’Italia alla Grecia; alcuni hanno riferito di essere stati respinti più volte, cosicché Medu ha documentato in tutto 102 riammissioni, delle quali 45 si sarebbero verificate in questo 2013.
«In otto casi su dieci – riferisce il Medu – i migranti riammessi hanno dichiarato di aver cercato inutilmente di comunicare alle autorità italiane la propria volontà di richiedere protezione internazionale», o comunque di voler rimanere in Italia per il timore di quanto rischiavano in caso di ritorno.
Inoltre, «i casi di riammissione di minori non accompagnati raccolti sono stati 26, dei quali 16 si sarebbero verificati nei primi nove mesi del 2013. Solo in quattro casi sono state effettuate le procedure per l’accertamento dell’età prima che venisse eseguita la riammissione».
Medu chiede così al governo Letta «che cessino immediatamente le riammissioni sommarie verso la Grecia e che ai migranti che giungono ai valichi di frontiera adriatici venga assicurato un reale accesso al territorio nazionale e alla protezione».
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