Diciotto associazioni rivolgono oggi ai parlamentari e ai governi europei un documento di analisi e un appello perché l’UE abbandoni la logica dei grandi centri per richiedenti asilo come Mineo e Moria: sarà un bene anche per le società che li accolgono. L’iniziativa è stata decisa in vista del prossimo incontro dei ministri dell’Interno che, il 14 dicembre, discuterà del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo.
«I centri di grandi dimensioni come quello di Moria, aperti in Grecia e in Italia per realizzare il cosiddetto “approccio hotspot”, hanno effetti devastanti sulla salute mentale di rifugiati e richiedenti asilo. Il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, lungi dall’essere “un nuovo inizio”, come lo ha definito la Commissione Europea nel presentarlo lo scorso settembre, rischia di alimentare il modello dei grandi centri di accoglienza, soprattutto nei Paesi chiamati a controllare le frontiere esterne dell’Unione».
È quanto denunciano oggi 18 associazioni in un documento di analisi promosso da ASGI, Intersos, MDM, MEDU, MSF, Sanità di frontiera e SIMM e rivolto alle istituzioni e ai governi europei.
Mentre il nuovo Patto è ora al vaglio dell’Europarlamento e del Consiglio Europeo, che lo ha messo all’ordine del giorno nel prossimo incontro dei ministri dell’Interno del 14 dicembre, le organizzazioni firmatarie si appellano ai governi europei e agli europarlamentari «perché sappiano trarre insegnamento dalle esperienze fallimentari del recente passato».
«Si rendono oggi necessari sia un’efficace ed equa ridistribuzione dei richiedenti asilo tra i Paesi europei, sia protocolli di valutazione delle domande di asilo tempestivi ed esaustivi – afferma il documento di analisi delle associazioni -. È tempo che l’UE abbandoni i “modelli Mineo e Moria” e, in cambio, promuova politiche per favorire l’accoglienza in strutture di piccole dimensioni, capaci di favorire una reale inclusione a beneficio dei rifugiati così come delle società che li accolgono».
Grandi centri, il problemaSovraffollamento, isolamento geografico e sociale, lunghi tempi di permanenza in attesa di un permesso di soggiorno e/o dell’accesso alla procedura di asilo, difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi sociali, episodi di degrado sociale e violenza, ma anche gravi limitazioni alla libertà personale e di circolazione: sono alcune caratteristiche dei “megacentri” di accoglienza, che in un recente studio di Medici per i diritti umani (MEDU), si sono dimostrati luoghi tali da determinare gravi forme di disturbo da stress post-traumatico. Le conseguenze sulla salute psicofisica di questo tipo di accoglienza costituiscono in realtà un ostacolo ai percorsi di integrazione di migranti e rifugiati nei Paesi di accoglienza, con pesanti costi umani, sanitari, sociali ed economici. |
Allegati
Appello megacentri: la lettera agli europarlamentari e ai governi (file .doc)
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