L’esperienza del progetto della Caritas romana per la riabilitazione psico-sociale delle vittime di tortura, di violenze e altri traumi fra gli immigrati e i rifugiati. E le condizioni sanitarie dei profughi e dei migranti assistiti da Medici per i diritti umani nelle baraccopoli e negli insediamenti precari della capitale: «Tra di loro nessuna epidemia legata a temibili malattie infettive d’importazione, quanto piuttosto patologie legate, oltre che alle violenze subite, alle pessime condizioni igienico-sanitarie in cui sono stati costretti a vivere durante il viaggio e nel nostro Paese».
Disturbi post-traumatici da stress a cui si aggiungono altri disturbi psicofisici, traumi pre-migratori e difficoltà post-migratorie: per tanti migranti, richiedenti asilo e rifugiati sono gli “effetti collaterali” delle violenze e della deprivazione che subiscono prima, durante o dopo il viaggio migratorio.
Nove anni d’accoglienza
«Tra gli immigrati che arrivano in Italia, alcuni sono stati vittime di violenza intenzionale e in terra di migrazione si trovano, a volte, sospesi in un limbo privo di definizione sociale e di identità», afferma la Caritas di Roma, che ha presentato di recente i risultati dei primi nove anni d’attività del suo servizio specializzato”Ferite invisibili”.
Fra novembre 2005 e novembre 2014, a Roma il servizio ha preso in carico 254 pazienti (204 uomini e 50 donne) e ha effettuato 3.630 colloqui psicoterapeutici, con una media di
14 visite per paziente. In questo 2014 sono stati seguiti 36 pazienti di cui 21 nuovi e finora sono state effettuate 400 sedute terapeutiche.
Fino al 2010 i pazienti provenivano soprattutto dall’Afghanistan, seguito da Guinea, Nigeria ed Eritrea. Dal 2011 al 2013 hanno prevalso i cittadini della Costa d’Avorio, seguita dall’Afghanistan, dal Camerun e dal Senegal. Oggi i pazienti provengono soprattutto, di nuovo, dall’Afghanistan, ma anche da Mali e Senegal.
Nel 2012 l’Ufficio dell’Alto commissario per i Diritti umani dell’Onu ha inserito Ferite invisibili nella rete sovranazionale di cura e sostegno alle vittime di tortura.
Un volume che oggi fa il punto sull’esperienza del progetto Caritas, Quando le ferite sono invisibili. Vittime di tortura e di violenza: strategie di cura (Pendragon 2014), offre tra l’altro una serie di dati si sintesi sulla diffusione del vissuto di traumi e sulla sofferenza psichica nella popolazione migrante (vedi la scheda qui sotto).
“Allarme Ebola”? Pensiamo alle condizioni nelle baracche, che è meglio…
“Portano le malattie” e adesso perfino l’Ebola”. Stop all’invasione”. “Aiutiamoli a casa loro”… In particolare quest’anno l’arrivo di migranti e profughi sulle coste del Sud Italia è stato accompagnato da informazioni fuorvianti. Ma sul versante sanitario i dati e le testimonianze raccolti sul terreno da Medici per i Diritti Umani (Medu) descrivono una realtà molto diversa.
A Roma sono 258, tra cui 34 donne e 45 minori, i migranti forzati provenienti dal Corno d’Africa che hanno ricevuto assistenza medica dalla clinica mobile di Medu nel periodo giugno-ottobre 2014 in baraccopoli e in “insediamenti precari”.
«Tutti i migranti hanno attraversato il Sahara – sintetizza un rapporto di Medu dal titolo I sommersi e i salvati – , si sono imbarcati in Libia e hanno subito qualche forma di grave deprivazione o violenza nei Paesi di transito. Tra di loro nessuna epidemia legata a temibili malattie infettive d’importazione, quanto piuttosto patologie legate, oltre che alle violenze subite, alle pessime condizioni igienico-sanitarie in cui sono stati costretti a vivere durante il viaggio e nel nostro paese».
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