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Diritti e valori? Devono tornare anche alle frontiere dell’UE!

Le organizzazioni europee impegnate nei settori asilo, migrazione, assistenza umanitaria e diritti umani intervengono in un appello sulla crisi alle frontiere fra UE e Bielorussia (e non solo). Nel documento anche un monito spiazzante: «A livello globale, tanti Paesi in situazioni molto precarie affrontano contesti complessi di sfollamento che coinvolgono un numero nettamente superiore di persone…».   

(Foto da Focsiv.it).

Garantire l’accesso al diritto d’asilo alle frontiere. Garantire l’accesso umanitario: cioè fare in modo che le ONG e le associazioni umanitarie possano fare il loro lavoro di assistenza (sui confini orientali dell’Unione si è arrivati a impedire in blocco perfino questo). Abrogare la legislazione interna che in Lituania, Polonia e Lettonia calpesta la normativa dell’UE in materia di asilo, i trattati UE, la Carta dei diritti fondamentali e il diritto internazionale. Contrastare la repressione della società civile, dei media e degli operatori legali. E infine, mettere gli standard dei diritti umani e la trasparenza al centro della cooperazione con i Paesi terzi.

Sono le «risposte» che, in un appello congiunto che ha l’appoggio fra l’altro della Fondazione Migrantes, decine di organizzazioni europee impegnate nei settori asilo, migrazione, assistenza umanitaria e diritti umani propongono a partire da oggi di fronte alla crisi sulla frontiera Bielorussia-UE, e non solo.   

“Mentre Paesi precari affrontano situazioni con numeri superiori…”

«Le persone al centro della crisi sono strumentalizzate all’interno del conflitto di natura securitaria tra l’UE e la Bielorussia – si sottolinea nel documento -, ma queste persone non sono di per sé una minaccia alla sicurezza e non dovrebbero essere considerate né trattate da entrambe le parti come se fossero un’arma. In realtà tutte le testimonianze suggeriscono la presenza di molti gruppi altamente vulnerabili tra le persone coinvolte in questi eventi, tra cui donne incinte, famiglie con bambini piccoli e persone anziane o ferite. Tra loro c’è chi è fuggito da guerra e persecuzioni dalla Siria, dallo Yemen, dall’Afghanistan e dall’Iraq e chi, in assenza di percorsi sicuri e legali, non aveva alternative per raggiungere un luogo sicuro».

Gli organismi firmatari ricordano che «a livello globale tanti Paesi in situazioni molto precarie affrontano contesti complessi di sfollamento, con dimensioni geopolitiche e di sicurezza e che coinvolgono un numero nettamente superiore di persone».

SCHEDA/ Ecco come a Vilnius, Varsavia e Riga si legifera contro il diritto d’asilo

Come dimostra l’analisi giuridica della legislazione adottata in Lituania, Polonia e Lettonia, alcuni cambiamenti legislativi sono incompatibili con l’acquis dell’UE in materia di asilo, i trattati UE, la Carta dei diritti fondamentali e il diritto internazionale.

  • In Lituania i cambiamenti mirano a limitare l’accesso all’asilo, a sopprimere le misure di tutela per le persone in situazioni vulnerabili, a permettere la detenzione automatica, a limitare l’accesso a un ricorso legale efficace e a ridurre l’accesso alle misure di accoglienza. 
  • Nel caso della Polonia, la nuova legislazione si pone in diretta violazione del principio di non refoulement, consentendo l’allontanamento delle persone dal Paese anche dopo che abbiano fatto domanda di protezione e senza un esame individuale per verificare se l’allontanamento porterà a una violazione dei loro diritti umani.
  • In Lettonia i cambiamenti legislativi precludono alle persone che attraversano il confine la possibilità di chiedere asilo, il che significa che il diritto di chiedere asilo e il principio di non refoulement non sono rispettati. Sebbene alcuni degli emendamenti siano (in teoria) temporanei e la loro applicazione limitata geograficamente, essi rischiano comunque di istituzionalizzare una pratica illegale. Chiedere asilo è un diritto fondamentale e il non refoulement è un principio inderogabile che deve essere osservato anche in tempi di emergenza

(Fonte: appello Ripristinare diritti e valori alle frontiere d’Europa, 26 novembre 2021).

 

Quell’attivismo UE sugli accordi con i Paesi terzi

Ma su scala più ampia l’appello denuncia anche che, «attualmente, l’UE sta cercando in modo proattivo accordi con Paesi terzi sia per fermare le persone che arrivano alla frontiera dell’UE, sia perché questi Paesi rimpatrino i propri cittadini. Bisogna assicurarsi che qualsiasi accordo con Paesi terzi come l’Iraq, la Turchia o il Libano, sia in linea con le norme internazionali sui diritti umani, a partire dal diritto di lasciare il proprio Paese e dagli obblighi di non refoulement (non respingimento, ndr)».

Inoltre, per assicurare almeno il controllo democratico sugli accordi, i testi dovrebbero essere resi pubblici e il Parlamento dell’UE dovrebbe poter giocare un ruolo significativo nel monitorarli. Ma sarebbe necessario anche un monitoraggio indipendente, oltre a un sostegno dignitoso delle persone rimpatriate.

Collegamenti

Le versioni inglese (con l’elenco completo delle adesioni) e italiana dell’appello Ripristinare diritti e valori alle frontiere d’Europa (26 novembre 2021)

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