Dopo il naufragio senza precedenti nelle acque di Lampedusa: davvero l’Europa «ci ha lasciati soli»?
111 corpi recuperati, 155 naufraghi salvati, forse 200 dispersi nel bilancio provvisorio del disastro di Lampedusa di ieri. E poi il cordoglio. Ma anche un lamento costante nel mondo della politica: fra le variazioni sul tema, «l’Europa è a un bivio: deve scegliere se essere davvero un’unione di Stati e prendersi la responsabilità di proteggere le sue frontiere» (Angelino Alfano, vicepremier e ministro dell’Interno, alla Camera), oppure «serve più Europa: in questi anni siamo stati lasciati soli» (Stefania Prestigiacomo, deputata, a Porta a porta).
«Lasciati soli»? Non è vero. Di recente abbiamo dato notizia del dossier di Lunaria Costi disumani sulla spesa pubblica per il contrasto dell’immigrazione “irregolare”. Esiste un Fondo europeo per le frontiere esterne che in sei anni ha stanziato per l’Italia più di 165 milioni di euro. Fra 2005 e l’inizio di questo 2013, per 13 progetti sempre di contrasto dell’immigrazione “irregolare” che hanno visto coinvolto il nostro Paese, la Commissione europea ha contribuito con 33 milioni (in aggiunta ai 38 stanziati dall’Italia). E poi c’è la collaborazione di Frontex, la discussa agenzia per la cooperazione nel controllo delle frontiere esterne («Gran parte dell’operato dell’agenzia si concentra sul controllo e la sorveglianza del Mediterraneo meridionale», anche se non è possibile stimare «quanto la collaborazione con Frontex contribuisca in termini economici alla realizzazione delle politiche di contrasto dell’immigrazione irregolare» italiane)…
Oggi la commissaria europea per gli Affari interni Cecilia Malmström ha dichiarato in un’intervista che, certo, si può sempre fare «di più», ma «la Commissione europea dal 2011 ha investito tempo, energia e fondi per sostenere gli Stati membri che devono fronteggiare una particolare pressione di flussi migratori. Italia, Grecia e Malta godono di una particolare attenzione per quanto riguarda il finanziamento e il supporto pratico. Frontex coordina molte operazioni di controllo alle frontiere con particolare attenzione alle rotte del Mediterraneo centrale. L’Italia è tra i principali beneficiari dei fondi europei destinati a questo scopo: 232 milioni nel periodo 2010-2012 e 137 milioni solo per il 2013».
Insomma, l’Europa “aiuta” così, almeno sulle frontiere (perché in una prospettiva un poco più lungimirante ci sono anche il Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi, il Fondo europeo per i rifugiati e il Fondo europeo per i rimpatri). Ma “aiuta” eccome.
Però alla fine, comunque sia, i risultati di queste «politiche» sono quelli di Lampedusa. E continueranno a esserlo.
Eppure le alternative ci sarebbero per non lasciare i migranti e i potenziali richiedenti asilo ai trafficanti, al deserto e al mare. «Ci sono diverse modalità con cui i richiedenti asilo e rifugiati potrebbero entrare in Europa in modo regolare – ha affermato il direttore del Cir Christopher Hein -, ma sono poco utilizzate dagli Stati europei: il reinsediamento di rifugiati da un Paese di primo asilo, le operazioni di trasferimento umanitario attivate nel contesto di emergenze e l’uso flessibile dei visti e le procedure di ingresso protetto che consentono ad un cittadino di uno Stato terzo di poter chiedere asilo già nel Paese di origine o di transito».
Paesi europei ed extraeuropei in queste settimane si stanno muovendo in questa direzione con i rifugiati della guerra civile di Siria. Ma l’Italia, sino ad oggi, continua a limitarsi a gestire il fenomeno degli sbarchi. Come se accogliere migliaia di persone stremate sull'”ultima spiaggia”, dopo traversate pericolose e disumane, sia la stessa cosa che aiutarle ad arrivare attraverso canali più dignitosi, sicuri e gestibili.
Collegamenti
“Oggi piangete, ieri dove eravate?” (la manifestazione di Amnesty Italia)
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