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Quell’accoglienza emergenziale per l’emergenza che non c’è

Presentata Centri d’Italia, la prima piattaforma liberamente accessibile da cui è possibile scaricare dati di dettaglio sull’intero sistema di accoglienza per i richiedenti asilo e i rifugiati nel nostro Paese, dai CAS ai centri SAI, a quelli di prima accoglienza. Secondo ActionAid e Openpolis, dopo gli ultimi anni caratterizzati da pochissimi arrivi (il 2018, il 2019 e il 2020) “si è persa un’occasione per riformare il sistema e renderlo efficace nel supporto all’autonomia delle persone”.

 

Accoglienza 2021: grazie a Openpolis e ad ActionAid arrivano i primi numeri veramente disaggregati sulle presenze per tipo di struttura. Alla fine dello scorso novembre, ultimo mese disponibile, l’Italia contava nelle varie strutture di accoglienza 79.666 richiedenti asilo e rifugiati: 53.664 nei CAS,  25.221 nei centri SAI (l’ex SIPROIMI-SPRAR) e 781 nei centri di prima accoglienza. I CAS, cioè i centri “straordinari” a responsabilità prefettizia, continuavano a ospitare sul totale due persone su tre.

A fine dicembre il totale non disaggregato delle persone accolte è sceso a 78.400 persone e a 77.100 alla fine di gennaio 2022 (dati ministero dell’Interno).

Vale a dire, malgrado il forte aumento degli “sbarchi” di rifugiati e migranti nell’ultimo anno, con tutti gli allarmi su presunte “invasioni”, continuano a farsi sentire nel sistema di accoglienza gli effetti dei pochi arrivi registrati negli anni precedenti. Effetti che si vedono dal 2019, come certifica la nuova piattaforma Centri d’Italia: mappe dell’accoglienza presentata ieri da Openpolis e Actionaid: 131.425 le persone in accoglienza a fine 2018, un dato che precipita a 87.929 un anno dopo e addirittura a 76.236 al 31 dicembre 2020. Nel giro di due anni il crollo è stato del 42%.

Commentano Openpolis e ActionAid nel rapporto annuale L’emergenza che non c’è, anche questo presentato ieri: «Non sono evidenti tendenze che suggeriscono una volontà politica di ripensare il sistema dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati». Non c’è solo la persistente predominanza dell’accoglienza “straordinaria”, ma anche la netta diminuzione dei posti nel SIPROIMI-SPRAR almeno fra 2018 e 2020: dai 35.900 del ’18 ai 33.600 del ’19, fino ai 31.300 del ’20.

Solo nell’ottobre ’21 il governo Draghi ha dato il via libera a 3.000 nuovi posti SAI. «Un numero forse sufficiente a ospitare gli afghani arrivati negli ultimi mesi, ma che di certo ha un impatto limitato sui numeri complessivi».

Pochi arrivi, ma il sistema è sempre lo stesso

Negli ultimi anni, sottolinea ancora il rapporto, «ancora una volta si è persa un’occasione per riformare il sistema e renderlo efficace ai fini del supporto all’autonomia delle persone. Nonostante la diminuzione degli arrivi, il cambiamento è avvenuto all’inverso di quanto ci si sarebbe aspettato leggendo la Relazione finale della commissione di inchiesta sull’accoglienza, o le relazioni annuali sullo stato del sistema o, ancora, la vasta letteratura in merito. Il sistema pubblico esce nei fatti fortemente ridimensionato dal periodo preso in considerazione. Al contrario, nonostante la diminuzione dei centri straordinari, si continua a favorire grandi concentrazioni a scapito di piccole strutture e forme di accoglienza diffusa».

Fra l’altro tra il 2018 e il 2020  i CAS di piccole dimensioni, cioè quelli in grado di accogliere fino a 20 ospiti, hanno perso quasi 22 mila posti. È la tipologia di centri che, nel complesso, ne ha persi di più: i centri medi, tra 21 e 50 posti, e quelli grandi, tra 51 e 300, ne hanno persi rispettivamente 14 mila e 20 mila. «Al diminuire delle persone accolte, dunque, aumentano i posti persi soprattutto nei centri piccoli».

“Basta con la disparità di diritti e servizi”

Per Openpolis e ActionAid, nel complesso quello di oggi è un sistema di accoglienza che continua a fondarsi su risposte emergenziali in assenza di una reale emergenza

Ha detto Fabrizio Coresi, “programme expert on migration” di ActionAid: «Fino a quando la maggioranza dei richiedenti asilo che si trovano nel Paese sarà ospitata in centri “straordinari” non ci potrà essere approccio sistemico all’accoglienza sui territori. Fino a quando non sarà favorita con decisione un’accoglienza diffusa a titolarità pubblica, non saranno definitivamente eliminate, di fatto, le disparità di diritti e di servizi, né l’impatto differenziato che un arbitrario inserimento in uno o nell’altro circuito di accoglienza ha sulla vita delle persone ospitate».

Al 31 dicembre 2020 erano aperti nel nostro Paese 4.556 CAS, 4.570 strutture SPRAR-SIPROIMI e 12 centri di prima accoglienza, per un totale di 9.138 centri. Al termine del 2019 i centri totali erano 10.056 e al termine del 2018 12.275. In due anni il calo è stato del 26%.

Nel 2020 i rifugiati e richiedenti asilo in accoglienza rappresentavano lo 0,13% della popolazione residente in Italia. Superavano appena il 2% se si considerano solo i residenti dei comuni con la presenza di centri. Nel 2020 contava nel suo territorio almeno un centro di accoglienza un comune italiano su quattro, contro i quattro su 10 del 2018.

Piattaforma “Centri d’Italia”: “Bisognava colmare un vuoto informativo (e i ritardi del Ministero)” 

Centri d’Italia è la prima piattaforma liberamente accessibile da cui è possibile scaricare dati di dettaglio sull‘intero sistema di accoglienza per i richiedenti asilo e i rifugiati nel nostro Paese, dai CAS ai centri SAI, a quelli di prima accoglienza. Territorio per territorio è possibile conoscere i tipi di centri, i posti disponibili, le presenze, i gestori e i prezzi giornalieri. Uno strumento per i ricercatori, i giornalisti e tutti i cittadini «che vogliono conoscere il sistema di accoglienza dati alla mano». 

L’iniziativa intende colmare «il vuoto informativo del governo e delle istituzioni. La relazione annuale, infatti, che per obbligo di legge il ministero dell’Interno dovrebbe presentare al Parlamento entro il mese di giugno di ogni anno, ad oggi non è ancora stata presentata per l’anno 2020. Un ritardo che priva il Parlamento dei dati necessari per esaminare la gestione dell’accoglienza sul territorio nazionale».

«L’assenza di informazioni verificate e trasparenti – osservano ancora ActionAid e Openpolis – ha prestato il fianco per troppo tempo a speculazioni politiche. Come quella che sostiene la necessità di gestire l’accoglienza con politiche emergenziali quando i dati, al contrario, dimostrano che di emergenza non c’è ombra».

 

Allegato

Il rapporto L’emergenza che non c’è (9 febbraio 2022, file .pdf 3 mbyte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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