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Rifugiati e migranti sulla sponda Sud dell’UE, un primo bilancio 2016

Sul confine Sud dell’Unione Europea nel 2016 sono sbarcati poco più di 360 mila rifugiati e migranti (di cui 181 mila in Italia), poco più di un terzo rispetto al 2015. Ma i morti in mare sono stati oltre 5.000, quasi un terzo in più. E non è solo colpa di barconi in cattivo stato, di comportamenti criminali o del caos in Libia.

Pöttsching (Austria): madre e figlia, di Aleppo, accolte con la famiglia in un appartamento ricavato da un ex posto di polizia (foto UNHCR/G. Welters).

 

Alla fine i registri si chiudono poco oltre le 360 mila persone, 360 mila storie: tanti sono i rifugiati e i migranti arrivati via mare sulla sponda Sud dell’Unione Europea nel 2016, poco più di un terzo del milione registrato nel 2015.  Oltre la metà, il 53%, sono fuggiti dai 10 Paesi che producono più rifugiati al mondo.

In Italia, secondo il ministero dell’Interno, gli arrivi hanno superato di poco le 181 mila persone. Un dato in crescita (+ 18% rispetto al 2015) ma in linea con quello del 2014, a conferma del fatto, inutile nasconderselo, che i numeri non scenderanno fino a quando la cosiddetta “comunità internazionale” non sarà capace di affrontare con un minimo di efficacia le situazioni di guerra, violenza generalizzata, persecuzioni e violazioni di diritti e l’indigenza che stringono in una morsa numerosi Paesi dell’Africa subsahariana, ma anche il non-Stato che fu la Libia.

Sono quasi tutti africani, infatti, gli Stati di provenienza più rappresentati negli arrivi in Italia: Nigeria e, a seguire, Eritrea, Guinea, Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Mali, Sudan. In nona posizione c’è un Paese asiatico, il Bangladesh, però in decima ritorna l’Africa con la Somalia.

Uno su settanta

Nell’anno, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo l’UNHCR e l’OIM stimano che abbiano perso la vita o siano rimasti dispersi oltre 5.000 rifugiati o migranti (di cui oltre 4.400 solo sulla rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia), contro i 3.800 registrati in tutto il 2015 e i 3.000 del 2014.

A fronte del crollo degli arrivi nel territorio dell’UE, rispetto al 2015 i morti in mare (14 al giorno) sono cresciuti di quasi un terzo. Nell’anno non ce l’ha fatta una persona ogni 70 che hanno tentato la traversata.

Comportamenti criminali…

Secondo l’OIM, l’alto numero di naufragi riflette sia il cattivo stato delle imbarcazioni messe in acqua dai trafficanti, sia le cattive condizioni del mare in questo periodo, sia, in Libia, la situazione «sempre più pericolosa per i migranti», che spesso cercano di fuggire da questo Paese solo «per salvarsi la vita». «Questi naufragi non possono essere considerati solo degli incidenti. Sono la conseguenza di comportamenti criminali».

… e vie legali

In questi giorni la Fondazione Migrantes, per voce del suo direttore Giancarlo Perego, ha riproposto per l’UE l’urgenza di opportunità di «ingresso legale nel contesto europeo, secondo una distribuzione equa e soprattutto non caricando alcuni Paesi di questa responsabilità. E qui è chiaramente in gioco un cambiamento del regolamento “di Dublino” che guardi soprattutto a vie legali di ingresso, di cui i corridoi umanitari sono sicuramente uno strumento importante».

Ricordando l’attentato al mercatino di Natale berlinese del 19 dicembre, Perego ha aggiunto: «Quando capita un fatto come quello di Berlino, c’è chi utilizza e strumentalizza anche questi fatti per ritornare a parlare di espulsioni, di selezione del diritto di asilo nei confronti di alcune persone. Credo che occorra combattere assolutamente queste derive che sono assolutamente antidemocratiche, ma soprattutto non tutelano il dramma di chi oggi è in fuga da guerre che sono combattute anche per colpa nostra e grazie alle nostre armi».

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